L’Italia è un paese dove la ristorazione svolge ancora un ruolo sociale fondamentale, anche se ogni regione si approccia in modo diverso, in base alle esigenze e preferenze dei consumatori.

Rispondere alla domanda dei clienti in modo appropriato è diventato il nodo cruciale per ogni ristoratore, che dopo tanti sacrifici ha impiantato una società. Se consideriamo che sulla base di uno studio effettuato da Unioncamere-Infocamere quasi la metà dei locali chiude dopo circa 3 anni dall’apertura, ci rendiamo conto delle difficoltà che devono affrontare, soprattutto nel lungo periodo.

Le ragioni di queste problematiche sono da rinvenire in alcuni fattori che ci proponiamo di individuare.

Trovarsi un identità

La mancanza di identità è una delle ragioni più comuni del fallimento di molti locali. Si nota, andando in giro per il Bel Paese, che vi è un divario tra alcuni ristoranti, che appaiono anonimi già a partire dal logo, ed altri che sembrano avere un marchio forte, una vera e propria personalità a partire dal nome fino ad arrivare alle proposte culinarie.

Il cliente che sceglie una location, non lo fa per caso, ma perché cerca determinate caratteristiche che riscontra solo in alcuni locali. Se il ristoratore non offre un segno di riconoscimento forte, non vi sarà interesse ad andare da lui. Facciamo alcuni esempi: la scelta del menù, ad esempio, deve essere speciale e riguardare un modo di cucinare identificativo e specifico e non vario e generico, contemplando mille diverse proposte. Così succede anche per la lista delle bevande, dalle birre al vino è tutto un crescendo di denominazioni e tipologie di cui non si riesce a dare una spiegazione. Un ristorante di successo ha una lista determinata di vini, di cui conosce caratteristiche e proprietà e lo stesso dicasi per le birre. Ciò che si vuole far intendere, è che senza una personalità ci si confonde nel mucchio e ben presto si finisce nel dimenticatoio, rischiando di dover chiudere perché non vi è nessuno che ci preferisce. Costruirsi un’identità, al contrario, ci consente di essere unici e riconoscibili e questo aiuta a creare un temperamento che attirerà clienti che faranno pubblicità positiva, aumentando il business. Ma un business di successo.

Questo lento processo di formazione di un’identità può avvenire per un’impresa di ristorazione di nuova apertura ma anche già esistente. Molti ristoratori, oggi, accettano l’aiuto di una persona esterna, esperta del settore, che li aiuti a risorgere dalla monotonia, ad animarsi di clienti soddisfatti da menù particolari, ad allontanare l’ombra della mediocrità e soprattutto del fallimento. Una rinascita è possibile, sempre, ma con un lavoro serio e attento.

Cosa porta il vero cambiamento

Il vero cambiamento inizia accettando la trasformazione, cioè modificando un sistema che fino a quel momento ha funzionato poco, male o ha smesso di andare avanti. Con la convinzione che ricominciare è possibile, il ristoratore può elaborare una vera e propria strategia che parta dagli elementi base come il logo del proprio locale. Questa scelta, spesso sottovalutata, identifica il luogo, dando l’idea di cosa è possibile trovare all’interno: non puntare sul mucchio che dopo un po’ si stanca, ma su clienti che cercano proprio quello che il ristorante offre loro. È necessario, inoltre, curare il design interno, creando uno spazio confortevole, pulito, ordinato, che riporti alla mente i prodotti che verranno proposti. Un ristorante di mare, ad esempio, avrà un design adatto per il tipo di menù che propone, e che si inquadra in modo corretto nell’ambiente in cui è situato. Allo stesso modo va rivalutata l’importanza del design del menù, che deve essere chiaro, semplice, pulito nelle forme e creare aspettative che si riusciranno a soddisfare.

Di fondamentale importanza è la “mise en place”. Viviamo infatti in una società che guarda molto all’estetica e non sceglie il cibo solo per sfamarsi perché il cibo assume un ruolo sociale e culturale più ampio. Portare in tavola pietanze mal impiattate equivale a dare un segno di disordine e di incuria per il proprio lavoro, la forma è importante quasi quanto la qualità del cibo.

Grande attenzione va al personale di sala, che deve essere compatto, attento, educato e preparato a servire; se si richiede educazione negli ospiti, molta di più deve essere garantita da parte del personale.

Un’ultima nota va dedicata alla visibilità del locale sul web. Non bisogna trascurare la fitta rete di siti che si occupano di recensire locali di ogni genere, recensioni che possono essere anche negative, purché vengano prese in considerazione. Ogni commento negativo va studiato attentamente e considerato come spunto per migliorare il proprio business, affinché il cliente successivo possa smentire la critica e portare flussi al ristorante.

L’aiuto di una figura esterna che sappia guidare il ristoratore verso il successo

Alcuni ristoratori rifiutano l’idea di essere guidati da una persona esterna che abbia competenze e qualifiche per portarli verso un buon risultato. Avere esperienza nel campo della ristorazione significa aver girato in molti ristoranti italiani e aver avuto rapporti diretti con i ristoratori. Ascoltato le loro storie, condiviso i loro problemi ed elaborato strategie sempre vincenti; perché il problem solving non riguarda soluzioni standard per tutti, ma mira a calarsi nella specifica situazione dell’imprenditore comprendendo le dinamiche di insuccesso o di stallo dell’attività.

Per mettere in campo una nuova tattica, è necessario credere che un cambiamento può avvenire, che l’aiuto di una persona esterna può essere il trampolino di lancio verso il successo e dunque verso la fine della crisi.

 

A volte i dessert proposti al ristorante non rispettano le aspettative dei clienti, in effetti si possono trovare proposte piuttosto banali e poco invitanti, il dessert può compromettere l’esito di un pranzo o di un’ottima cena.

La stagionalità delle materie prime, la giusta ricerca di prodotti di buona qualità e la creatività nel presentare dessert che abbiano estetica e gusto renderanno sicuramente la cena più completa e soddisfacente.

 

Quindi in assenza di un pasticciere in cucina, possiamo rendere più goloso e soprattutto più estetico il dessert, accompagnandolo con qualche guarnizione, utilizzando un piatto che lo faccia risaltare e cercando di porre delle decorazioni che favoriscano il dessert in altezza.

Anche un dessert classico può essere servito in un modo più contemporaneo.

UN CONSIGLIO PER I RISTORATORI

Riorganizzare il menù sviluppando la parte del dessert, sarà come mettere la famosa “ciliegina sulla torta”, per coronare la fine di un pasto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


PERCHE’ E’ IMPORTANTE INSERIRE NEL MENU PIATTI VEGETARIANI O VEGANI

Non tutti i ristoranti prevedono dei piatti che possono essere consumati da vegani o vegetariani, ma la popolazione italiana è sempre più orientata verso questa scelta alimentare. Ecco come puoi inserire dei piatti senza alimenti di origine animale nei tuoi menù e far felici tutti i tuoi clienti con ricette gustose e fantasiose.

Sale ancora il numero di vegani in Italia, attestato nel 2017 attorno ad un considerevole +3% rispetto al +1% dell’anno precedente. Sempre meno una nicchia, sempre più un vero e proprio “popolo”, che insieme a quello dei vegetariani (il 7% della popolazione italiana) si compone di oltre 1,5 milioni di persone, e che per questo fa sempre più gola al mercato del food e non solo. Al pari infatti degli ormai diffusissimi “cibi veg”, hanno iniziato a fare la propria comparsa sugli scaffali dei negozi capi d’abbigliamento, cosmetici e altre categorie merceologiche “cruelty free”, non testate e senza derivati di origine animale.

Il dibattito tra chi considera questo fenomeno una semplice moda e chi invece una scelta etica oltre che una dieta salutare continua ad accendere dibattiti virtuali e non. Al di là della polemica è chiara però l’importanza per ristoratori professionisti di introdurre alternative vegetariane e vegane all’interno dei propri menù.

Una tendenza che approda nel nostro Paese in considerevole ritardo rispetto ad altre nazioni europee, ma che si afferma oggi come un aspetto di fondamentale importanza per la concorrenzialità del proprio locale, e la soddisfazione della propria clientela.

Differenze tra vegetariani e vegani: semplici ma non scontate!

A differenza della dieta vegetariana, che esclude carne, pesce e alcuni cibi contenenti ingredienti da essi derivati (come formaggi con caglio, alimenti contenenti cocciniglia e simili), quella vegana non prevede nessun tipo cibo di derivazione animale. Ciò significa che menù riservati a clienti vegetariani possono includere pietanze con latte, uova o miele, mentre invece quelli per vegani saranno limitati solo ed esclusivamente a prodotti di origine vegetale.

All’apparenza molto semplici, queste due elementari regole nascondono in realtà accortezze più complesse, specie per i vegani. A differenza di quanto si possa pensare infatti, ingredienti di derivazione animale sono impiegati nella preparazione dei cibi più insospettabili.

Alcune varietà di pane in cassetta o di tipo casereccio, o anche impasti per pizza, contengono strutto (ma c’è la pizza vegana!), così come è possibile che buste di patatine fritte surgelate contengano sego, un grasso di origine bovina. Il discorso vale anche per le bevande: sidro, birra scura e vino sono sovente preparati con ingredienti di origine animale, conosciuti come “coadiuvanti tecnologici”. Questi possono includere albumina, caseina, gelatina di pesce o ossa di coniglio, utilizzati per filtrare la bevanda al fine di renderla più limpida.

Allo stesso modo, sciroppi per cocktail, liquori, succhi di frutta o preparati per dolci possono contenere cocciniglia. Si tratta di un colorante derivato dall’omonimo insetto utilizzato per donare a cibi e bevande un caratteristico colore rosso acceso.

Tali prodotti non sono pertanto considerati fruibili da chi segue una dieta veg (vegetariana o vegana che sia). Per questo motivo, è possibile trovare in commercio prodotti di origine vegetale sui quali è comunque specificato che nella preparazione non sono stati utilizzati ingredienti di derivazione animale, come nel caso del vino vegano.

È quindi molto importante fare sempre attenzione all’etichetta, e considerare una comunicazione chiara in merito ai prodotti veggie disponibili in menù come un vero e proprio valore aggiunto.

Menù vegani: un’alternativa deliziosa per tutti

Quando si sente parlare di menù vegetariani e vegani molti (troppi) ristoratori vanno ancora nel panico, limitandosi a proporre piatti basici e senza inventiva.

Te lo assicuro: non c’è niente di peggio per un cliente vegetariano o vegano che sentirsi offrire una “semplice pasta al sugo” o le classiche verdure grigliate una volta seduto al tavolo. Soprattutto se pensi che, volendo, si possono fare miracoli con poco, e questo i tuoi nuovi clienti lo sanno bene! Partendo dal presupposto che un’alternativa vegana è in grado di accontentare anche clienti vegetariani, sarebbe idoneo riflettere su come inserire piatti veg all’interno del proprio menù senza timore di sperimentare. Vegani e vegetariani sono solitamente inclini a provare nuovi sapori che possano stimolare la loro curiosità.

Sformati di verdure, zuppe e vellutate, creme, torte rustiche sono sempre gradite, specie quando preparate con ingredienti di stagione o in versioni di cucina tradizionale.

Rape, broccoli, verza e cavolfiore sono ingredienti versatili che si prestano egregiamente a ricette semplici quanto gustose. Con i piatti vegetariani è senza dubbio più semplice. Per le alternative vegane, invece, è possibile utilizzare, quando occorre, latte di origine vegetale (come quello di avena, riso, mandorle, cocco, etc.) e precotti a base di soia, amaranto, muscolo di grano e legumi, di facile e veloce preparazione.

Non c’è limite all’inventiva! Lo sanno bene i moltissimi chef stellati che hanno da tempo iniziato a proporre piatti vegetariani nei loro ristoranti, apprezzati non solo dalla categoria a cui sono rivolti, ma da tutta la clientela.

Proposte gradite e sempre di moda sono per esempio verza o cavolfiori gratinati al forno con besciamella vegetale (facilmente reperibile in commercio), frittata di farina di ceci con contorno di cicoria o bietola al peperoncino, o ancora polpette di broccoli e quinoa.

Ricorda sempre di utilizzare le spezie più adatte ai vari ingredienti per donare maggior gusto ai tuoi piatti. Non a caso, una delle cucine più amate da vegetariani e vegani di tutto il Mondo è quella indiana, ricca di sapori speziati e ampia varietà di scelta!

Piatti vegetariani e vegani: qualche consiglio utile

Non aver timore di inserire nuove ricette tra le tue proposte e, soprattutto, fai in modo di non “bollare” le alternative vegetariane come qualcosa di strettamente riservato ad una specifica clientela (come accade per i piatti per celiaci o intolleranti). Potrai, per esempio, apporre una piccola “(V)” tra parentesi vicino ai piatti in menù che non contengano carne, pesce o derivati animali, così da rendere chiara e semplice la scelta delle pietanze alla tua clientela.

Invita indipendentemente tutti i tuoi ospiti ad assaggiare le più fantasiose alternative veggie: chiunque ammirerà la varietà di proposte, e il locale ne guadagnerà in immagine.

I dessert rappresentano forse l’aspetto più complicato della dieta vegana, in quanto è piuttosto difficile saperne apprezzare il sapore da chi è abituato a quelli realizzati con latte e uova. In un primo momento potresti scegliere di ovviare a questo aspetto acquistandone di confezionati, scegliendo e perfezionando con cura in un secondo momento quelli che desideri offrire alla tua nuova clientela.

Infine non dimenticare di aggiornare la comunicazione sui profili social e siti di settore (come TripAdvisor, JustEat, Deliveroo) del tuo locale specificando la disponibilità di piatti vegetariani e vegan.

Piatti vegani e vegetariani: la qualità degli ingredienti è fondamentale

Più che in ogni altra cucina, nelle preparazioni vegane e vegetariane c’è bisogno di un’attenzione speciale alle materie prime, alla loro qualità e freschezza. La scelta di un fornitore affidabile è alla base di una perfetta riuscita di ogni piatto.

Fonte: multicash.it

Un pensiero attraverso il menù degustazione.
Cuoco o chef che siano quando devono creare e proporre un menù degustazione lo fanno con un pensiero dove si identifica il loro vissuto professionale, le loro esperienze, la conoscenza delle materie prime e l’utilizzo di tecniche che esaltino gusto e presentazione.

A volte però può capitare che troppa ansia da prestazione giochi dei brutti scherzi ed emergano alcune incertezze. Non ci dobbiamo scoraggiare, ma ricordarci che per nostra scelta e volontà, per passione e forte determinazione abbiamo intrapreso una professione entusiasmante e sicuramente unica!

Selezione e ricerca di buoni prodotti, tecniche che non snaturino le caratteristiche principali degli alimenti e a volte un pò di semplicità non guasta, semplice non banale!
Buon menù degustazione a tutti!

Ivan Radice

Immaginate una giornata di pioggia, piove di traverso, il vostro ombrello è rotto, in ufficio è stato un inferno, il vostro partner si è impegnato nel farvi innervosire, ed avete il cellulare scarico… a questo punto penserete che nulla nell’universo conosciuto possa migliorare la vostra posizione, ma vi sbagliate…

Immaginate un bar, il vostro Bar, i vostri amici, il bancone, e la figura sorridente e famigliare che lo sovrasta, ora guardate l’orologio, sono le 19.12 di un mercoledì di pioggia, e non importa, perché state per prendere parte ad uno dei rituali più importanti della giornata… l’Aperitivo.

Momento di aggregazione, ottimo per socializzare, indicato per riflettere soli, per alcuni semplice intrattenimento in attesa della prenotazione al ristorante, per altri imprescindibile dettame per una serata perfetta, ad ognuno libera interpretazione.

Vorrei focalizzare la vostra attenzione al bancone, sulla figura “mitologica” del Barman, egli come la Sfinge egizia vi porrà una domanda: “cosa bevi?”, non esiste una risposta giusta o sbagliata, ordinare ciò che piace è la base democratica del Bar, esiste però una risposta scontata.

Gradite del vino, magari una bollicina, ottimo, preferisco a cena.

Una fresca e fragrante birra, adoro la birra, al pub.

Io ordinerei un cocktail ed oggi vi propongo uno dei miei favoriti, l’Americano.

Bitter e vermouth rosso si abbracciano nel ghiaccio massaggiati dalle bollicine della soda, una fetta di arancia e una scorzetta di limone suggellano l’unione, il primo sorso vi strappa un sorriso.

Cocktail elegante e di semplice esecuzione, si costruisce nel bicchiere, consigliato un old fashioned,

parti uguali di bitter e vermouth rosso, ghiaccio, primo ingrediente di ogni cocktail, soda o acqua frizzante, il mio amico Bond usa Perrier, della guarnizione ne abbiamo già parlato.

L’Americano nasce in Italia nei primi del ‘900 e deve il suo nome al concetto di somministrazione   in voga negli States in quel periodo, “on the rock’s”, servito con ghiaccio, fino a quel momento il trend prevede di servire i cocktail privi di ghiaccio in coppa. Una rivoluzione non da poco.

Esiste però una leggenda sull’Americano, si racconta che il cocktail viene creato in onore di Primo Carnera, il primo pugile italiano a vincere la cintura dei pesi massimi. Un evento sportivo entrato nella storia, Primo Carnera, “la montagna che cammina”, “il gigante buono” sconfigge John Shirley e si aggiudica il titolo mondiale dei pesi massimi. Immaginate il Madison Square Garden di New York gremito di italiani, tutti inneggiano il proprio campione, tutti vogliono festeggiare, la naturale conseguenza è l’Americano.

Sono un romantico, mi piace pensare e raccontare, che in una notte d’Estate del 1933, un pugile, un italiano, è diventato una leggenda ed abbia ispirato un cocktail leggendario…Cheers!!!

 

Oleg Radice

Oggi per aprire o rilanciare un Ristorante o una catena di Ristoranti non basta più avere tanta passione. Né il giusto spirito di sacrificio nei confronti di un lavoro che spesso non ha orari né domeniche. Né è sufficiente saper riconoscere, magari tra tanti, lo chef giusto.

Barista, Barman, Bartender o Barmanager? Le parole, si sa, sono importanti e lo sono ancor di più quando vengono usate per definire una professione. E’ per questo motivo che, quando si parla di coloro che stanno dall’altra parte del bancone del bar, o meglio della “sbarra” (il vocabolo “bar” deriva dal termine inglese “barrier”, barriera, che ai tempi della Colonizzazione Americana separava gli alcolici dal resto delle bevande) è facile fare confusione. Soprattutto in un momento storico in cui tutto quello che ha a che fare con i “cocktail” è di tendenza ed è facile… “bersi” qualsiasi informazione inappropriata.

Dando per scontato che chiunque lavori dietro un bancone da Bar debba essere in grado di soddisfare qualsiasi tipo di richiesta dei Clienti (dalla caffetteria ai drink, dai vini alle birre), è però vero che – tra un ruolo e l’altro – ci sono delle differenze. Allora facciamo chiarezza.

Il Barista, ovvero la faccia sorridente che al mattino ci prepara il caffè o il cappuccino, si occupa – durante le ore diurne – di preparare bibite calde e fredde di ogni genere. Considerato che in Italia, quando 5 colleghi fanno un salto al Bar a “prendere il caffè”, non ce ne sono due che lo ordinano uguale ( “corto”, “macchiato”, “lungo”, “ristretto in tazza piccola”, “dek”), salta subito all’occhio che il Barista è un’occupazione che può svolgere solo chi ha tanta passione (per il lavoro) e anche tanta pazienza (con i Clienti).

Il Barman, che può lavorare sia nei Bar sia nei locali notturni, è uno specialista della “miscelazione” o meglio del “mixologist” e cioè è un professionista nella preparazione di cocktail, long drink e tutte quelle bevande alcoliche il cui aroma e sapore sono frutto di precise regole e di una particolare alchimia. Spesso la bravura di questi fuoriclasse del “mixologist” li porta a creare dei veri capolavori di gusto, dei drink che sono una delizia sia per gli occhi che per il palato.

Il Bartender, che spesso ed erroneamente viene confuso con il Barman Acrobatico (colui che mentre prepara il vostro Negroni si esibisce in funamboliche acrobazie che sembrano azzerare la forza di gravità e al contempo lo fanno assomigliare alla dea Kalì dalle molte braccia), è semplicemente un professionista che si occupa sia di caffetteria che di “mixologist”.

Il Barmanager è un manager con precise competenze organizzative, gestionali e relazionali che si occupa del lancio o del rilancio di un locale. Il Barmanager ha una conoscenza approfondita di tutti gli aspetti che riguardano la conduzione di un locale e mette al servizio di singoli proprietari o Gruppi le proprie best practices. Spesso la presenza di un Barmanager che affianca per un cero periodo il personale (seppur preparato e motivato) di un Bar, è il primo passo verso un vero successo del locale. Perché, esattamente come avviene nei Ristoranti, il talento è importante ma è il metodo che fa la differenza.